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Sandy Iannella, la prima allenatrice alla Viareggio Cup. “Con il mio calcio faccio crescere i ragazzi e sfido i pregiudizi”

Sandy Iannella, la prima allenatrice alla Viareggio Cup. “Con il mio calcio faccio crescere i ragazzi e sfido i pregiudizi”

Fiocco rosa… al torneo di Viareggio. Sì, perché per la prima volta una donna è al timone di una squadra maschile. Senza raccomandazioni, senza essere “mi manda…”, senza santi in paradiso, ma con la forza del suo curriculum calcistico, formato anno dopo anno (“E’ da quando ne avevo cinque che gioco al calcio”, racconta) calcando i terreni di tutta Italia ed Europa visto che ha indossato anche la maglia della Nazionale: ecco a voi Sandy Iannella, allenatore della formazione del Pontedera, che dopo il vittorioso debutto contro i nigeriani dell’Alex Transfiguration (1-0), è incappata in una sconfitta beffarda contro i solidi ungheresi dell’Honvéd Budapest nei minuti finali. “Ci è andata male – racconta Iannella – perché i ragazzi hanno disputato una buona partita: fisicamente i miei non sono dei colossi, gli avversari erano molto più prestanti. Comunque è tutta esperienza”.

Come nasce Sandy Iannella allenatore di calcio maschile?

“Alla fine della stagione scorsa, ho appeso le scarpette al chiodo: giocavo a Pontedera, ma già da tempo avevo preso il patentino. Era un
mio obiettivo quello di allenatore. Ho avuto la fortuna di trovare subito un posto: per me non faceva differenza calcio maschile o femminile. Da questo punto di vista sono di larghe vedute”.

Che cosa è successo?

“Il direttore generale del Pontedera, Emiliano Branca, mi ha prospettato l’idea di sedermi in panchina della formazione Under 18. Non ci ho pensato neppure un attimo. Ho detto sì. Mi piacciono le sfide”.

Che tipo di approccio ha avuto con i ragazzi?

“Molto tranquillo e sereno. E’ dal 16 agosto che lavoro con questo gruppo. Ho trovati giovani molto disponibili. Io ho cercato di trasmettere le miei idee, ma sul piano tattico ho fatto tesoro di quel che ho imparato nel corso della mia carriera”.

In che senso?

“Il tipo di gioco è in base alle caratteristiche dei calciatori che ho ha disposizione. Per dire, abbiamo cominciato con un 4-3-1-2 ma dopo
alcune partite, quando ho fatto una conoscenza maggiore dei ragazzi, mi sono resa conto che forse era meglio passare alla difesa a tre,
avendo degli ottimi centrali ed esterni di gamba, capaci di coprire tutta la fascia. Ecco dunque che siamo passati al 3-5-2: sì, nelle
ripartenze siamo molto pericolosi”.

Una squadra camaleonte, capace di cambiare fisionomia nel corso della partita e a seconda dell’avversario.

“Proprio così. Quando capita, andiamo a pressare alto: mi piacerebbe che i ragazzi acquisiscano la capacità di saper interpretare al meglio
ogni momento della partita”.

Il mondo del calcio giovanile ha una componente, quella dei genitori, che talvolta è capace di… invadere il raggio d’azione del tecnico.

“Capisco quello che vuol dire, ma se c’è un problema ci pensa il direttore generale: io rimango a lavorare sul campo con il massimo impegno, cercando ogni giorno di far crescere sotto tutti i punti di vista i ragazzi. Non conta solo la tecnica e la tattica, ma anche il comportamento: devono essere degli esempi per i più giovani che stanno fuori”.

A suo avviso, si trova meglio un uomo ad allenare una squadra femminile, oppure una donna a guidare una formazione maschile?

“L’uomo è avvantaggiato, soprattutto quando si parla di ragazze giovani: giocano con grande passione, che viene prima di tutto, non
pensano al professionismo, ai soldi che potrebbero arrivare dalla loro carriera. Per i maschi quel pensiero è spesso un chiodo fisso. Non solo loro ma anche per chi li segue. Il mondo va così. Speriamo che ci sia una maggiore presa di coscienza per stemperare un po’ di attesa spasmodica del campione ad ogni costo”.

Una donna che ha ‘debuttato’ anni fa nei campionati maschili professionistici, Carolina Morace, trovò poi un presidente
mangia-tecnici, il compianto Luciano Gaucci…

“Si, ricordo, ma penso che si sia trattato di una mossa pubblicitaria, per far parlare e suscitare attenzione nei confronti della Viterbese”.

Vede qualche pregiudizio nei confronti di una ragazza in panchina ad allenare dei maschi?

“I pregiudizi ci sono. E sono dell’ambiente esterno. Purtroppo la gente continua a pensare che le donne e il calcio non siano completamente compatibili: io spero di poter smentire questo convincimento con i fatti, magari cominciando proprio al torneo di Viareggio”.



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